Piero Bevilacqua non è uno scienziato e nemmeno un agronomo; è uno storico che si occupa di agricoltura.
Questo non gli impedisce di essere molto informato e probabilmente lo aiuta molto nel documentare le fonti. La sua recente risposta alle obiezioni suscitate dal suo articolo “La scienza vecchia della senatrice Cattaneo” pubblicato sul Manifesto del 2 giugno 2021, mostra come gli attacchi all’agricoltura biodinamica portati sul piano della scienza nuda e pura siano asfittici e nascondano il pregiudizio “politico” e ideologico che li muovono. L’impressione, la mia ovviamente, è che la scienza sia utilizzata strumentalmente per questioni che molto hanno a che fare con interessi materiali come ripartizione di fondi e di finanziamenti e molto poco con la salvaguardia del metodo scientifico.
Ovviamente si può sorridere del corno letame e di molte pratiche esoteriche del biodinamico ma non si può negare che è stato il movimento del biologico nel suo complesso, biodinamica compresa, a sollevare il problema della sostenibilità ecologica e politica delle pratiche di coltivazione, costringendo anche l’agricoltura convenzionale a misurarsi con il tema in questione e a determinare la nascita di una disciplina come l’agroecologia.
Nessuno nega i meriti della “rivoluzione verde” e dell’agricoltura fondata sulla chimica di sintesi negli anni del dopoguerra ma oggi l’obiettivo principale non è l’aumento delle rese per ettaro. Col tempo è cambiato il contesto e sono cambiate le priorità come mostra oggi la legislazione dell’Unione Europea in tema di politiche agricole ma come ognuno è in grado di valutare da sé.
Qui il link all’articolo di Bevilacqua pubblicato su tpi scienza